Da debuttante nel 1992 ai Giochi di Barcellona infilò un quinto posto, due anni dopo l’oro agli Europei di Helsinki. Fermato ad Atlanta a causa dell’allergia

L’ARENA – Martedì 21 Dicembre 2010SPORT,pagina 53

Quinto posto alle Olimpiadi di Barcellona del 1992. Due anni dopo, 1994, oro agli europei di Helsinki. Nel 1996: la resa ad Atlanta. Tutto negli 800 metri. Sono i tre i lampi della carriera di Andrea Benvenuti, ricordi indelebili, privi di rimpianti e nostalgie, ricchi invece di quelle esperienze e quegli insegnamenti che la vita sa riservare. «Barcellona resta in assoluto il più bello, non so dire se ricordo, insegnamento, bagliore», rammenta l’atleta veronese che ha avuto i natali a Negrar, ed è stato plasmato sulla pista di Bussolengo, dalla scuola di Gianni Ghidini.
«È stata la mia prima Olimpiade, e poi era tutto perfetto, impossibile sottrarsi al clima di entusiasmo che coinvolgeva tutti i partecipanti. Emotivamente, a Barcellona ho toccato il cielo, ma tanto ero eccitato e impressionato da tutto ciò che mi girava intorno, le manifestazioni, gli avversari, i compagni in azzurro, la stampa, tutta la città catalana, tanto mi sentivo posato e sereno come atleta. Ero un debuttante, e non conoscevo la tensione di chi sale per la prima volta sul più importante palcoscenico sportivo. Sono sempre stato così, quanto più importante è l’appuntamento, tanto meno sono teso. Ricordo che nel villaggio olimpico mi muovevo come se andassi a fare la spesa; incrociando altri atleti italiani la domanda tipica era: “Tu che sport fai?”. Conoscevamo per nome i calciatori, per loro eravamo i signori nessuno. Unica eccezione Juri Chiechi, che non gareggiava perché si era infortunato poco prima di Barcellona, era super; conobbi Fabio Casartelli, vinse l’oro nel ciclismo, rimase umile, la sua morte mi colpì molto».
E prosegue: «A Barcellona avevo trovato un angolino vicino al mare dove potevo isolarmi e leggere, lì trovavo la miglior concentrazione e cresceva dentro di me la forza, il coraggio, così più si avvicinava il giorno della gara, più mi sentivo potente». Alla finale degli 800 metri, Benvenuti chiuse con un ottimo quinto posto, primo fra gli europei con il tempo di 1’45”23, in una gara dominata dai keniani Tanui e Kiprotich.
Due anni dopo conquistò l’oro alla rassegna continentale di Helsinki, confermandosi protagonista negli 800 metri fra gli atleti del Vecchio Continente; al meeting di Montecarlo il keniano Kipketer, numero 1 mondiale, gli soffiò per pochi centesimi il primo posto. Benvenuti poteva ancora migliorare, ma il ’95, anno di preparazione ad Atlanta 1996, fu infernale sul fronte acciacchi. «Atlanta è la finale della mia carriera. Ne rincorsi a lungo la qualificazione, a giugno avevo raggiunto il tempo minimo richiesto, ero il quarto italiano; per esserci avevo caricato molto, ero certo che mi mancasse ancora poco per esplodere e dare il massimo. Giunto ad Atlanta, iniziai ad accusare difficoltà respiratorie, la mia allergia al polline era in ebollizione e stava per esplodere. Quando riguardo le immagini, vedo sempre uno sportivo stanco, magro oltremisura, credo non dessi l’idea di un atleta sano, ma ancora oggi so che non mi mancavano le motivazioni. Superai la batteria e andai in finale, pochi minuti prima della gara sentivo che non stavo bene, i medici mi consigliarono di ritirarmi ma io no, duro, dovevo esserci, avevo fatto tanti sacrifici e non potevo buttarli al vento. Solo a metà gara capii quanto stessi male e crollai». E aggiunge: «Avrei dovuto dare ascolto ai medici? Ho sempre detto che per essere campioni, occorre il fisico di 20 anni e la testa di 30, non ho mai pensato che la colpa fosse di qualcuno in particolare, io avevo deciso, gli altri potevano consigliarmi ma non potevano comprendere cosa passava per la mia testa. Mi fa tristezza sentire gli ex atleti rievocare quello che avrebbero potuto vincere se… io no». E conclude: «Lo sport è stato la mia vita, e continua ad esserlo attraverso altri canali; mi sono diplomato in fisioterapia, collaboro con le Fiamme Azzurre; l’atletica mi ha fatto incontrare mia moglie, i miei figli giocano a calcio e fanno atletica. Gli infortuni mi hanno insegnato a guardare oltre lo sport. Da atleta le mie uniche responsabilità erano quelle di allenarmi e vincere, la vita pretende molto di più, ma sa regalarti sempre grandi emozioni».

A Monaco il suo record
personale di 1’43”92

Da debuttante nel 1992 ai Giochi di Barcellona infilò un quinto posto, due anni dopo l’oro agli Europei di Helsinki. Fermato ad Atlanta a causa dell’allergia

L’ARENA – Martedì 21 Dicembre 2010SPORT,pagina 53

Nato a Negrar il 13 dicembre del 1969, Andrea Benvenuti inizia la sua attività in atletica spinto dal padre Giancarlo, dirigente nella società sportiva di Affi.
Si mette in luce nelle campestri con la Cassa di risparmio di Verona, vince il titolo italiano Allievi e due volte quello Juniores, ed è sotto la guida di Gianni Ghidini a Bussolengo, che Benvenuti impara a sfruttare le sue doti di mezzofondista, un connubio che risale all’85.
Arrivano i titoli in ambito internazionale: nel 1992 vince il Golden Gala di Roma, alle Olimpiadi di Barcellona giunge quinto, unico bianco in grado di contrastare lo strapotere africano.
A Monaco chiude con il suo record personale di 1’43″92, a Nuoro migliora il primato italiano sui 1.000 metri in 2’15″75. Due anni dopo conquista ancora un altro oro agli Europei di Helsinki, 1’46″12.
Nel ’96 si qualifica alle Olimpiadi di Atlanta, ma in semifinale si ritira per un malore causato dall’allergia al polline.
Sposato con Elisa Vagnini, riminese con un ottimo passato nel mezzofondo italiano, vive a San Marino. È fisioterapista del Gs Fiamme Azzurre, dal 2005 e consulente esterno per la Fidal, collabora con le federazioni sammarinesi di pallavolo, atletica, basket e judo.
Ha tre figli, due gemelli di cinque anni e Carlotta nata cinque mesi fa.